LIFEBOAT

Alcuni sopravvissuti di una nave silurata si ritrovano nella stessa barca con uno degli uomini che l’hanno affondata.
Regia: Alfred Hitchcock
Anno: 1944
Durata: 97'
Paese: USA

Dettagli

Regia:
Alfred Hitchcock
Anno:
1944
Durata:
97'
Paese:
USA
Lingua:
Versione originale con sottotitoli in italiano

Lifeboat (Prigionieri dell'oceano)

Regia: Alfred Hitchcock
Sceneggiatura: Jo Swerling
Fotografia: Glen MacWilliams
Montaggio: Dorothy Spencer
Musiche: Hugo W. Friedhofer
Cast: Tallulah Bankhead, William Bendix, Walter Slezak, Mary Anderson

La prima sequenza, come spesso in Hitchcock muta, è tra le sue più notevoli. Una nave americana è stata affondata da un sommergibile tedesco. Tra i flutti si incrociano, in un’incongruità degna di Lautréamont, resti del naufragio: una cassetta first aid, un mazzo di cipolle, una copia del “New Yorker”, una scacchiera. Uno dopo l’altro ci conducono a una scialuppa sulla quale la reporter e femmina di lusso Tallulah Bankhead, magnifico visone, macchina fotografica in mano, uno sguardo alla smagliatura sulla calza, fuma, scatta e attende. Fondamentalmente (e fin dai titoli) il film è per lei. Hitchcock difendeva tuttavia il dettato politico: “Nel mondo c’erano due forze l’una di fronte all’altra, le democrazie e il nazismo. Ora, le forze democratiche erano in uno stato di completa disorganizzazione, mentre i tedeschi sapevano dove volevano arrivare. Si trattava dunque di dire ai democratici che era assolutamente necessario unirsi, lasciando da parte le divergenze per concentrarsi su un solo nemico”. Parole così nobili e (sempre!) risonanti che, in termini narrativi, potevano far temere il peggio. Invece Lifeboat ha una sua costretta, collassata vivacità. Gli otto sopravvissuti che si trovano a condividere i pochi metri quadrati della scialuppa compongono un mondo dialettico e sentimentale, un arco parlamentare, una ‘piccola città’ basculante su un mare infido, con echi di Thornton Wilder via Steinbeck (che aveva scritto un primo trattamento) e un tocco capriano portato da Jo Swerling, che firma la sceneggiatura. Il tedesco accolto sulla scialuppa ha l’aria di un buon birraio bavarese, ma tale non è, e le forze del bene gli riservano la fine che i tempi richiedono. La fenomenale performance di Tallulah, il suo progressivo spogliarello identitario (perde il visone, gli attrezzi del mestiere, il bracciale di diamanti usato come esca), la sua “raucous comic sexiness” (Pauline Kael), ci fa venire il sospetto che se questa leggenda del teatro americano non trovò più spazio nel cinema, è perché lo schermo degli anni Quaranta non era grande abbastanza per contenere sia Bette Davis sia lei. Congedo in forma di enigma: la guerra non è finita, la guerra non finisce mai, e ‘che fare?’ è il dilemma che sempre assillerà ogni essere umano, ogni società.

Paola Cristalli

Le date

di proiezione

martedì 26 Agosto 2025
  • 16:30
  • Cineteca Milano Arlecchino
    Via San Pietro all'Orto 9, 20121 Milano MI
    Lingua: Versione originale con sottotitoli in italiano