Regia: Alfred Hitchcock
Sceneggiatura: David O. Selznick
Fotografia: Lee Garmes
Montaggio: Hal C. Kern, John Faure
Musiche: Franz Waxman
Cast: Gregory Peck, Ann Todd, Charles Laughton, Alida Valli
Serge Lutens, maître parfumeur forse più influente degli ultimi trent’anni e sofisticato storyteller, così descrisse Feminite du bois, il profumo che nel 1992 cominciò a fare di lui una leggenda: “Diciamo che è un giudice che si innamora del criminale”. Questa frase mi ha sempre fatto pensare a The Paradine Case, e non solo per via d’un amore che s’accende tra una cella e un’aula giudiziaria (qui è l’avvocato che s’innamora della sua criminale, il giudice è solo uno sguardo laido che scruta una spalla nuda), ma perché questo è un film in cui l’olfatto, l’odore del corpo amato, governa lo snodo cruciale. “Quando Louis Jourdan è chiamato a testimoniare, entra nella sala del tribunale e deve passare dietro ad Alida Valli. Lei gli volta le spalle ma volevo dare l’impressione che lo sentisse, non che indovinasse la sua presenza, ma proprio che ne sentisse l’odore” (così Hitchcock a Truffaut). Un’audace messinscena olfattiva, forse una fantasia alla Lady Chatterley, che tuttavia non riesce del tutto. Valli, di cui Hitchcock riprende con voluttuosa cura la nuca e il profilo, resta uno splendido, gotico scrigno chiuso, e nemmeno in quel momento avvertiamo il suo fremito; Jourdan è un ragionevole oggetto del desiderio, però lontano da quell’idea di “garzone, con addosso un afrore di letame”. The Paradine Case non è mai piaciuto a nessuno. Hitchcock lo fa controvoglia per doveri contrattuali, Selznick spende quattro milioni di dollari (neanche lontanamente rientrati) per ritrovarsi un film che a tratti pare una produzione Rank o London Films, gli attori sembrano tutti sbagliati (ma davvero Laurence Olivier avrebbe figurato meglio di questo Gregory Peck, stordito dall’amore non corrisposto?), James Agee scrisse: “Molta sapienza tecnica al servizio di molto nulla”. Resta però un puro film hitchockiano, una storia di matrimoni tristi o infernali: uno già concluso col delitto, un altro che continua nella sua onesta amorevole malinconia, e al terzo, tra il repellente giudice Charles Laughton e sua moglie, è dedicato un formidabile teatrino sadico, nel quale con poche parole contratte, pochi sguardi dolenti e un bicchiere spezzato Ethel della grande famiglia dei Barrymore si guadagno una nomination all’Oscar.
Paola Cristalli
di proiezione
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